Friday, November 27, 2009

GANGUELA - GANGHELLA - NGANGUELA - NGANGHELLA - NGANGELA


           Ganghella, oppure Ganguella, oppure Ngangela, oppure Nganghella, oppure Gangela, oppure Ganguela, l’origine di questa parola, si può capire in due sensi, il primo senso che può essere il senso vero, d’accordo con la sua etimologia, il termine “Nganga”, in Ganghella, significava: quello che conosce i segreti della Natura. Al principio si utilizzava nel senso positivo, per guarire epidemie di tipi vari, evitare asciuttezze, impedire sconfitte in combattimento, ecc. In negativo “Cinganga”, uno stregone.
           L’ antenato massimo dei Ganghelle, si chiamava Mwene Nganga, secondo le fonti orali tradizionali. Era un capo (“Mwene” significa capo) notabile per la conoscenza dei segreti della Natura, e dotato di una sollecitudine eccezionale per il suo popolo. Uno ganghella, nella propria lingua si dice “ kanganghella”, e molti, “va nganghella”. Ganghella deriva del nome “Nganga”, che conserva il senso in positivo. Questa parola preceduta dell’articolo “ku” significa paese dei Ganghelle    ( kuno ku nganghella ).
           Altro senso, la tradizione dice che il termine “Nganghella” significa l’”Alba o aurora”, l’“Est”, e proviene la risposta che si dà sopra la sua precedenza: “Tua fumu ku Nganghella” ( noi siamo venuti dell’Aurora – l’ Est, prima luce del giorno in cielo, punto cardinale nella cui direzione si vede sorgere il sole, territorio situato verso est rispetto a un dato punto: l’Est dell’Africa, dell’Angola ), ormai preso per i popoli vicini come il termine per riferirsi al popolo ganghella,
( Popolo, o terra, oppure paese del Sole nascente ), finalmente i medesimi accetterebbero come proprio.
           Ma la metà della popolazione nganghella pratica la religione cristiana con alcune pratiche della religione tradizionale, ma curiosamente ora, molti stanno ritornando alla religione tradizionale
( sette o confessioni religiose con fondo culturale ), oppure portano insieme la religione cristiana e tradizionale, altri vivono nell’indifferenza. Per questo l’urgenza e la necessità dell’inculturazione.
           Ku Nganghella, questo termine significa o etno-toponimo del popolo ganghella, cioè luogo dove si localizza, dove abita come suo paese. Localizzante nella regione del Kwandu Kuvango ( più della metà vivono lì ), regione del Moxico ( Kangamba e zona del Luchaze e Mbunda ), nella regione di Huila ( Kuvango, Jamba, Kassinga, Tchamutete , Dongo e Kwandu-Cipindo ), regione Biè ( Tchitembo e Mpulu ).[1]

TABELA 1: Principali popoli, lingue dell’Angola e etno-toponimo

POPOLO E LINGUA
                   ETNO - TOPONIMO
Umbundo
Bieno, Bailundo, Sele, Sumbe ou
 Pinda, Mbui, Quisange, Iumbo,
Dombe, Ihanha, Huambo, Sembó,
Cacondo e Chicuma.
Kimbundo
Ngola ou Jinga, Bondo, Bangala,
Halo, Cari, Chinje, Minungo, Songo,
Bambeiro, Quissana, Libolo, Quibala,
Haco e Sende.
Kikongo
(Bakongo)
Vili, Iombe, Cacongo, Oio, Sorongo,
 Muchicongo, Sosso, Congo, Zombo, Iaca,
Pombo, Guenze, Paca e Coje.
Lunda-Tyokue
Lunda, Lunda-Lua-Chinde, Lunda Ndemba,
 Quioco, Mataba, Cacongo ou Badinga e Mai.
Ganghella
Lwimbi, Luiana, Lutyazi, Gangela,
 Mambunda, Ngondjelos, Cangala,
 Iashuma, Gengista ou Luio, Ncoia,
 Camachi, Ndungo, Nhengo, Nhemba,
 Avico, Mbwela, Katoko, Mpengo,
 Vamache, Iaùmas,Vambueta,
 Vangoliebo e Vambaude.
Nhaneka-Humbe
Muila, Gambo, Humbe, Donguena, Hinga,
Cuancua, Handa (Mupa-Handa-Quipungo),
Quilenge-Humbe e Quilenge-Muso
Ambo
Vale, Cafima, Cunhama, Cuamato,
Dombandola e Cuangar
Herero
Dimba, Chimba, Chavicua, Cuanhoca,
Mucubal e Guendengo
Hotentote-Bochimane
Bochimane, Cazama
Vátua
Cuepe e Cuissi
Xingonga
Cussu




TABELLA 2: Gruppo Etnico, sotto-gruppi e zona di influenza


GRUPPO ETNICO
SOTTO-GRUPPI
LOCALIZZAZIONE O
ZONA DI INFLUENZA



























    GANGHELLE




    Ganghelle
    Del Katoko
    e Mpengo
  
    Kuvango
    Kuchi
    Menongue
    Katota
    Kaiundo
    Kueio
    Kuatili Sul
    Savati
    Spande (giunto al Mukundi)


    Nhemba
   
    Ndongo





    Mbwela

    Kuito Kwanavale
    Mavinga
    Lwengue
    Rito
    Longa
    Baixo Longa
    Nankova
    Dirico (Kakwiko)



    Lwimbi

    Mutumbo
    Umpulo
    Ringoma


    Mbundas

    Ninda
    Lumbala – Ngimbu



    Lutyazi

    Kangamba, Longa, Kamgombe
    Lupiri – Kweio, Kwatili Norte
    Muyé, Lwassinwa, Kweve,
    Kwangongola



    Gondjelos
   
    Kachingues, Malengue
    Tyitembo – vicino a sorgente del fiume
                       Kwanza


    Valuios

    Luiana (parte nord)
    Mavinga (parte sudest)


    Vamache

    Rivungo


    laùmas

    Nankova (parte est)






Le due Assemblee per l’Africa sono collegate, tanto che l’argomentazione generale della prima Assemblea è in pratica simile, alla seconda e, la seconda Assemblea è continuazione della prima. Pertanto, svilupperemo l’argomentazione dell’inculturazione delle due Assemblee insieme come se fosse un unico Sinodo. Tra un’Assemblea e l’altra c’è una distanza di quindici anni.
Nel nostro punto di vista potremo capire l’inculturazione nel rapporto tra Dio trino e unico e le culture africane. Così, la fede in Dio fa sì che l’evangelizzatore porta la Verità divina, nella sua sostanza, come nucleo del messaggio cristiano, da annunciare con amore e risolutezza, senza falsità, senza mescolare elementi estranei al messaggio cristiano e, l’evangelizzato, nel momento del dialogo deve aprire il suo cuore e accogliere il messaggio della salvezza. Sia l’evangelizzatore che l’evangelizzato devono cercare con la preghiera l’aiuto della grazia eliminando così tutte le barriere che si interpongono durante il processo dell’inculturazione, con lo scopo d’una evangelizzazione piena e completa. L’evangelizzatore deve cercare di predisporre le persone a ricevere Gesù Cristo in modo integrale, a livello personale, culturale, economico, politico e religioso, perché possano essere orientate a una vita santa in comunione con Dio Padre, sotto l’azione dello Spirito Santo.
Non possiamo edificare la teologia dell’inculturazione in Africa senza le famiglie africane, per questo i padri sinodali hanno riuscito per la Chiesa in Africa proponendo la categoria di Chiesa famiglia:

Il mistero dell’amore di Dio uno e trino è l’origine, il modello e il fine della chiesa (Cf. Lumen gentium, n.4; Ad gentes, n.2; Gaudium et spes, n. 40), un mistero che trova un’espressione confacente all’Africa, nell’immagine della chiesa come famiglia. Essa, infatti, conferisce risalto ai concetti di cura per l’altro, solidarietà, calore nelle relazioni, accoglienza, dialogo e fiducia. Essa, inoltre, indica il modo in cui l’autorità debba essere esercitata, come servizio nell’amore. Il battesimo introduce i cristiani in questa famiglia di Dio e invita a una conversione che supera tutti i particolarissimi el’eccessivo etnocentrismo, permettendo così ai fedeli di vivere con queste differenze, nella riconciliazione e nella vera comunione, come fratelli e sorelle.[1]

In questo modello di una Chiesa-Famiglia, dove ciascuno ha il suo posto, dove la Parola di Dio circola per tutti, dove tutti hanno il diritto di parlare e di ascoltare reciprocamente, dove tutti partecipano, dove si cammina insieme nella conversione (Vescovi, Sacerdoti, Diaconi, Religiosi, e Laici), che ha come fondamento Gesù Cristo. Tornando o riflettendo in dietro, questo modello di Chiesa-Famiglia, che fa parte dei modelli di comunione, tiene origine nel modo di vita antropologico – culturale, sociale – economico o politico, spirituale – religioso, dell’uomo africano, che tradizionalmente sono luoghi di incontri, di riunione di persone per educazione, formazione, discutere questioni di loro interesse. Ad esempio, chiamata nella nostra lingua di «Nzango».[2]
Il Ndzango, come luogo d’incontro delle famiglie tradizionali, diventa Ndzango Cristiano, come formazione di vera comunità dove sia possibile l’incontro di persone, per spezzare la Parola di Dio, queste Piccole Comunità Cristiane, sono messe in evidenza come priorità pastorale dal Sinodo, in modo che esse diventino una priorità valida non solo per alcune Conferenze Episcopali, ma per tutte le parrocchie cattoliche africane, nel settore della proclamazione del Vangelo.

Il Sinodo rinnova il suo appoggio alla promozione delle SCC / CEV, che edificano saldamente la Chiesa-Famiglia di Dio in Africa. Le SCC / CEV, basate sulla condivisione del vangelo, dove i cristiani si riuniscono per celebrare la presenza del Signore nella loro vita e in mezzo a loro, attraverso la celebrazione dell’Eucaristia, la lettura della Parola di Dio e la testimonianza della loro fede nel servizio amorevole tra loro e nelle loro comunità. Sotto la guida dei loro pastori e catechisti cercano di approfondire la loro fede e maturare nella testimonianza cristiana nel vivere esperienze concrete di fraternità, maternità, relazione, amicizia aperta, dove ciascuno si prende cura dell’altro. Questa Famiglia di Dio si estende al di là dei vincoli di sangue, etnia, tribù, cultura e razza. In questo modo le SCC / CEV aprono sentieri di riconciliazione con le famiglie estese, che hanno la tendenza ad imporre ai nuclei delle famiglie cristiane i loro modi e costumi sincretistici.[3]

Le Piccole Comunità aiutano a realizzare l’ecclesiologia di comunione tanto evidenziata dalla Costituzione Lumen gentium del Vaticano II. Nel contesto di questa ecclesiologia, la condivisione della Parola di Dio, l’amore fra i cristiani e la solidarietà senza discriminazioni con il prossimo, che caratterizza la vita di queste comunità, rappresenta una proclamazione vivente dei valori evangelici, tanto che molti si sentono chiamati alla Chiesa cattolica dalla testimonianza evangelica di queste Piccole Comunità. Esse sono anche uno dei luoghi migliori per lo sviluppo dei ministri laici, nel campo dell’inculturazione l’esperienza delle piccole comunità, secondo la testimonianza di molte risposte date in preparazione al Sinodo, mostra che esse offrono un modo di essere cristiano molto consono ai valori comunitari delle culture africane. Poiché considerano il proprio vicinato come una cellula della Chiesa, esse sono costruite sulla rete sociale naturale e spontanea, tipica dello stile di vita africano. I temi di Giustizia e Pace sono trattati a livello di base nella vita quotidiana delle Piccole Comunità Cristiane. Il dialogo interreligioso ed ecumenico non è un tema teorico nella vita delle Piccole Comunità Cristiane in Africa. In esse il dialogo avviene negli eventi della vita, in occasione di matrimoni, nascite, funerali, nei quali in modo particolare si esprime la solidarietà africana al di là delle confessioni religiose.
Nel settore delle comunicazioni sociali le Piccole Comunità Cristiane sono un campo privilegiato per promuovere i «group-media», con bollettini, gruppi drammatici, canti, le esibizioni dei cantastorie, così familiari alla tradizione africana.
Per tutti questi motivi è di somma importanza che il Sinodo per l’Africa raccomanda la creazione delle Piccole Comunità Cristiane nelle parrocchie, in modo che il nuovo modello della parrocchia, sia quello di una comunità nella comunità, Queste piccole comunità cristiane diventano fulcro dell’inculturazione.
Così l’idea profonda e chiave della Chiesa, come famiglia, diventa una realtà vera: questa immagine modello passa a essere utilizzata ufficialmente nella Chiesa dal Sinodo di 1974, la terza assemblea generale ordinaria sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo e in Africa. I vescovi del continente, presenti al sinodo, pubblicarono un importante messaggio dal titolo «Promozione dell’evangelizzazione nella corresponsabilità». Di conseguenza le «Piccole Comunità Cristiane» devono essere la base della nostra evangelizzazione. Papa Paolo VI l’ha detto chiaramente, dicendo che è esattamente ciò che dà agli Africani il senso della vita e della vita comunitaria.
Questa immagine modello è affermata e formulata nell’assemblea speciale per il Sinodo dei Vescovi per l’Africa. Così diventa Modello della Chiesa, non soltanto per la chiesa africana, ma anche per la Chiesa universale. Potremo dire che quest’atto è frutto del processo dell’inculturazione, affinché uno dei valori della cultura africana diventi modello per la Chiesa universale.


[1] Cf Proposizioni, 08, in: “Regno-doc.” 11(1994) 338-339.
[2] Il Ganguella si capisce gruppo etnolinguistico che si trova in Angola, Zambia, Namibia.... In questa etnia appartiene  l’allievo di questa tesi.
           Per la Etnia Ganghella, non esistono case pubbliche. Esistono luoghi oppure posti pubblichi, questi luoghi sono la base l’idea di Chiesa come famiglia di Dio, una volta inculturati. Questi posti pubblichi si chiamano “ndzango”.
           NDZANGO, questa parola è applicata a : a) un luogo dentro del villaggio, normalmente non troppo lontano dalla residenza del sindaco o del “mwene”, nel quale si praticano diversi atti sociali: danze, giochi, risoluzione forense giudiziario, ecc. È luogo di aggregazione, di dibattito pubblico…stano in comunità un accanto l’altro, lo stare insieme, è questo l’atto sociale. È uno spazio con dimensioni ampie per permettere la partecipazione di tutti o di maggiore numero possibile di quelli che vivono nel villaggio, anche di villaggi vicini, nel caso di danze; per ordine del “mwene”, in questo tipo di “ndzango”, si piantano attorno a questo luogo di incontro alberi  d’ombra “manongo” per la sua protezione;  b) un determinato posto esistente in qualsiasi zona del villaggio con lo scopo di fare la merenda insieme, l’educazione di fanciulli(e) e di giovani(e) che praticano opere d’arte, dove non entrano metal , la risoluzione di piccoli problemi della zona, la pratica di giochi ( vwela, malina, kalinkwilili, nkondwa ), la realizzazione di serate per insegnare e trasmettere  buoni costumi agli abitanti del villaggio, ecc. Il ndzango occupa il centro della zona. L’ anziano è il responsabile e tutti partecipano alla costruzione di diverse; per proteggersi dal sole e dalla pioggia ergono capanne o di una capanna ampia; un luogo non fisso, fuori del villaggio, scelto per una riunione con lo scopo di risolvere problemi segreti, per la difesa del villaggio o contro la stregoneria. A questa riunione partecipa soltanto il “mwene” - che è il capo di un determinato villaggio- e una determinata classe di persone  che hanno il potere di risolvere tali problemi. Questo incontro è fatto di sera. Chi non fa parte di questa classe e involontariamente o sporadicamente entrar senza essere invitato e trova i partecipanti riuniti  è punito severamente.

           Ganghella, oppure Ganguella, oppure Ngangela, oppure Nganghella, oppure Gangela, oppure Ganguela, l’origine di questa parola, si può capire in due sensi, il primo senso che può essere il senso vero, d’accordo con la sua etimologia, il termine “Nganga”, in Ganghella, significava: quello che conosce i segreti della Natura. Al principio si utilizzava nel senso positivo, per guarire epidemie di tipi vari, evitare asciuttezze, impedire sconfitte in combattimento, ecc. In negativo “Cinganga”, uno stregone.
           L’ antenato massimo dei Ganghelle, si chiamava Mwene Nganga, secondo le fonti orali tradizionali. Era un capo (“Mwene” significa capo) notabile per la conoscenza dei segreti della Natura, e dotato di una sollecitudine eccezionale per il suo popolo. Uno ganghella, nella propria lingua si dice “ kanganghella”, e molti, “va nganghella”. Ganghella deriva del nome “Nganga”, che conserva il senso in positivo. Questa parola preceduta dell’articolo “ku” significa paese dei Ganghelle    ( kuno ku nganghella ).
           Altro senso, la tradizione dice che il termine “Nganghella” significa l’”Alba o aurora”, l’“Est”, e proviene la risposta che si dà sopra la sua precedenza: “Tua fumu ku Nganghella” ( noi siamo venuti dell’Aurora – l’ Est, prima luce del giorno in cielo, punto cardinale nella cui direzione si vede sorgere il sole, territorio situato verso est rispetto a un dato punto: l’Est dell’Africa, dell’Angola ), ormai preso per i popoli vicini come il termine per riferirsi al popolo ganghella,
( Popolo, o terra, oppure paese del Sole nascente ), finalmente i medesimi accetterebbero come proprio.
           Ma la metà della popolazione nganghella pratica la religione cristiana con alcune pratiche della religione tradizionale, ma curiosamente ora, molti stanno ritornando alla religione tradizionale
( sette o confessioni religiose con fondo culturale ), oppure portano insieme la religione cristiana e tradizionale, altri vivono nell’indifferenza. Per questo l’urgenza e la necessità dell’inculturazione.
           Ku Nganghella, questo termine significa o etno-toponimo del popolo ganghella, cioè luogo dove si localizza, dove abita come suo paese. Localizzante nella regione del Kwandu Kuvango ( più della metà vivono lì ), regione del Moxico ( Kangamba e zona del Luchaze e Mbunda ), nella regione di Huila ( Kuvango, Jamba, Kassinga, Tchamutete , Dongo e Kwandu-Cipindo ), regione Biè ( Tchitembo e Mpulu ).

[3] Cf Preposizio, Piccole Comunità Cristiane / Comunità Ecclesiali Viventi, 35. II Sinodo per l’Africa: in: Regno-documenti 21(2009) 678-696.




 M a t r i m o n i o

                                    
            Nel  Campo dell’inculturazione, il capitolo del matrimonio, è quello più controverso e complesso in termini teologico-pastorale-canonico , é la grande sofferenza presente nelle comunità cristiane africane.


1.1. Matrimonio Tradizionale Ganghella

           Non è vero che il Matrimonio Tradizionale Africano è una unione libera. Al contrario l’istituzione matrimoniale secondo la tradizione è una cosa seria e fondamentalmente buona. E’ un processo che si realizza in un prolungato arco di tempo e non con un accordo stipulato in un solo momento. In questo momento vediamo le tappe preparatorie del matrimonio e il matrimonio stesso nel sistema culturale «Ganghella».


1.1.1.           Kuhandeleya – Pretensione, pretesa.

           Tra i popoli  Ganghella, la costituzione della famiglia è affidata  ai grandi responsabili e il matrimonio deve essere premurosamente preparato, non solo per i fidanzati, “Zindungi”, ma anche e, soprattutto, per i genitori o gli incaricati dell’ educazione e altri familiari.
           Quando il ragazzo raggiunge l’età di 19-20 anni  si trova nelle condizioni e emancipazione, o meglio, già ottiene una dimora, un lavoro, una buona educazione, una condotta accettabile in società, lui e i suoi genitori o incaricati dell’educazione cercano una bella ragazza ai 18-19 anni, che ha il merito di essere sua moglie. Questa deve venire d’ una famiglia buona e senza  comportamento  negativo davanti alla società o il clan. Le notizie si raccolgano attraverso  amici che conoscono bene la situazione di quel nucleo familiare, al meno fino  ai trisavoli.
           I difetti che impediscono a una ragazza di contrarre matrimonio o sposarsi sono: la mancanza d’igiene, cattiva educazione, immoralità, bugia, la stregoneria (non dirò il feticismo, perché feticcio, non è nome africano, ma portoghese, fetiço = oggetto fatto artificialmente, che si ritiene dotato di forza e potere magici)[2], per parte dei genitori, nonni, bisnonni , trisnonni.
           Una volta trovata, i genitori del ragazzo, zii, fratelli o altre persone della famiglia o amici affidabili vanno alla casa dei genitori della giovane a chiedere la sua mano. Questi se non conoscono la condotta dell’interessata, amichevolmente e delicatamente non danno nessuna risposta  definitiva. Diranno loro, semplicemente, di dare un’altra opportunità. Partendo da questo momento, vanno raccogliere informazioni di persone amici e conosciuti sulla situazione sociale non solo del figlio ma anche dei genitori e ascendenti,  per la possibile approvazione di tutti.
           Queste ricerche insieme  proteggano il carattere indissolubile del matrimonio.
           Quando i genitori del ragazzo ottengono una risposta in positivo i genitori della ragazza, incaricano il proprio figlio di andare incontro a loro. Normalmente questi appuntamenti sono  nella mattinata. Arrivati a casa dei futuri suoceri, si mettono accoccolati alla porta o all’entrata. Dopo i saluti, espongono i motivi che hanno portato a quel luogo, o meglio chiede il permesso prima di potere parlare con la ragazza sul le sue pretese, “Kuhandekeya”. Questi soddisfano il desiderio di chiedere la mano della donna, o chiederla in moglie, e permettono di entrare in casa degli zii o nonni dalla ragazza. Lei si pronunzia e chiede  se accetta o non accetta. In questo assunto, i genitori non possono sostituirla. In quella casa, non rimangono da soli. Una bimba di 8-9 anni è indicata per presenziare l’atto. Questa si chiama “Kambandamena” che significa testimone. Lei ha come missione quella di sentire senza intervenire, subito dopo, va a trasmettere ai genitori come è andato la conversazione e a che conclusione sono arrivati.
           Il ragazzo pretendente porta con sé un fratello ( cugino ), o altro ragazzo della sua fiducia, per servire anche da testimone oculare o porta parola, in caso della ragazza non volesse parlare direttamente al ragazzo che desidera affettuosamente, per vergogna di parlare o timidezza o rispetto per lui.
           Lei non dice si o no immediatamente. Chiede a lui qualche tempo per riflettere. Lei prende queste atteggiamento per esperimentare il ragazzo allo scopo di verificarne le caratteristiche, mettere alla prova per vedere la sincerità, e questo realmente l’ama o no, per difendere la sua posizione di donna onorata e per avere tempo di raccogliere informazioni certe intorno a lui.
           Loro si ritirano , passano per i genitori della ragazza, informando a loro volta a che conclusione sono arrivati. Si licenzia  a loro in questi termini: “Kangandzi ka kulilundu; tunai, kotwaile”. Che significa che l’assunto non è ancora  risolto. Ritorneranno di nuovo.
           Realmente, aspettano con pazienza che le cose si risolvano, alcuni giorni decorrono  in riflessione muta, la ragazza cerca di sapere se il ragazzo  ha già desiderato un’altra. Il ragazzo fa lo stesso con lei.
           E’ interessante! A volte che il ragazzo non torna più, quando ha visto che la ragazza non è bella ,non è gradèvole o quando ha saputo che lei  aveva accettato un altro. Lo stesso succede con la giovane: se il ragazzo non le piace o se ha conoscenza che lui aveva una altra ragazza, nega la domanda di matrimonio o la richiesta.
           Ma se il ragazzo ritornare una seconda volta, significa che la ragazza le piace e mai ha accettato un altro. Lo stesso succede a lei, accetta il giovane se questo è gradevole e mai ha avuto un’altra giovane.
           Quando i familiari delle due parti sapranno che ha avuto accordo l’intendimento dei giovani,  sorge una nuova emozione, la  prospettiva di una nuova casa.


1.1.2.           Malitavelo – Testimone d’Accettazione

           Un oggetto, denaro o animale che il ragazzo a porta alla ragazza che serve a testimoniare l’accettazione del matrimonio d’ambo li parti.
           “Malitavelo” significa che,  a partire da quel giorno, lei accetta per volontà propria di sposarsi con lui.
           Dopo l’accettazione, i genitori del ragazzo inviano  ai genitori della ragazza, generalmente una gallina. Quelli mandano a chiamare la figlia per,  ricevere la gallina. Lei la riceve dal portatore e dà la gallina ai suoi genitori.
           A partire da questa data, il ragazzo riceve la designazione di “Mukwetunga” in relazione ai genitori della ragazza. E’ rispettato  e accettato nel seno della famiglia della ragazza. E, dalla parte dei  suoi genitori, riceve istruzioni su come deve trattare i suoceri e la futura fidanzata. Fa la visita frequentemente e aiuta loro, o meglio è utile a loro in tutto.


1.1.3.           Vyonda – Dote

            Complesso dei beni che i genitori del ragazzo mandano attraverso un portatore ai genitori della ragazza all’atto del processo del matrimonio.          
           Al momento del matrimonio, i genitori del ragazzo inviano un portatore, il medesimo che ha portato il testimone d’accettazione, ai genitori della ragazza per sapere quale è la somma e la qualità della dote. Dopo, i genitori del ragazzo uniscono questo valore e lo fanno arrivare attraverso lo stesso latore. Questo segno simbolizza  l’appartenenza della moglie a un unico uomo, suo unico sposo. In altre parole, questa somma esprime l’uso esclusivo del debito matrimoniale.
           La quantità e la qualità del “vyonda” non è lo stesso per tutti i genitori, è mutabile, varia da genitori a genitori. Quando il ragazzo non ha la possibilità di dare la dote in un’unica volta ai genitori della ragazza, questi  affidano a lei stessa, la decisione di concludere, quando avrebbero il primo figlio. Nato il figlio, i genitori della ragazza esigono  la consegna del resto della dote. Ma esistono genitori che attenuano la dote, fino della  nascita del primo nipote.
           Finita la consegna della dote, i progenitori del fidanzato stabiliscono il giorno del matrimonio.


1.1.4. Vusombo – Matrimonio

           Arrivato il momento di realizzare il matrimonio, i genitori del fidanzato inviano un latore a casa dei genitori della fidanzata per prenderla.
           La celebrazione del matrimonio esige le cerimonie seguenti:

a)       Kulonga – Suggerimenti a Fidanzata

           Dopo la presentazione degli oggetti del latore, i genitori della fidanzata convocano i familiari, in seguito stendono una stuoia  nell’atrio della casa e là mandano le sedarsi la figlia che tiene al fianco una giovinetta denominata “Kasambelo” o “Kasambeyelo”. Il compito di questa, nella celebrazione  della cerimonia è di ricevere tutte le offerte regalate alla fidanzata a partire dalla casa dei suoi genitori  fino ad arrivare a casa dei genitori del fidanzato e perfino al giorno in cui lei può accendere la prima fiamma nella sua nuova casa. Siedono ambe due nella stuoia, coprono con un panno, oppure una coperta oppure “lihina”, ( che è una coperta di scorza d’albero preparata ) e baciano le teste , in segno di rispetto e umiltà. Alla presenza del portatore, danno a lei tutte le istruzioni che una donna sposata deve sapere: il trattamento e rispetto che deve tenere con il suo sposo, con i suoceri e familiari del suo marito, anche con tutta la società. Si precisano anche i piccoli difetti e perfino le malattie che frequentemente possa avere avuto.
           I genitori e i familiari della fidanzata mettono a profitto questa occasione per dire tutti i difetti  che hanno osservato nel ragazzo oppure nei suoi genitori. Infine, raccomandano insistentemente al portatore di trasmettere  integralmente tutto quello che ha sentito o ascoltato.
           Finalmente finito questo atto, che generalmente si realizza nella serata, il portatore dà qualche cosa (anche beni di fortuna) per lei alzarsi della stuoia. Questo valore è chiamato “Mukatu”, che viene del verbo “Kukatuka”, che significa “alzarsi”. Si consegna normalmente una gallina che ha lo stesso valore   si denomina “Mugola”, che simbolizza l’uscita della fidanzata della casa dei suoi genitori per andare alla casa del suo fidanzato.
           In seguito, si organizza un corteo , di fronte lei, a “Kasambeyelo”. Il corteo cammina lentamente.

b)       Milembu – Offerti

           Queste offerte sono regalate al fidanzata durante il percorso  del corteo: ogni quindici passi di questa camminata, fino all’entrare nella casa, a sedersi, a mangiare, parlare con ciascuno che vuole salutare, al dormire e svegliarsi. Queste offerte significano l’accettazione della fidanzata.


c)       Kulongolola

           Questo atto avviene nella mattinata del giorno seguente  all’arrivo della fidanzata a casa del fidanzato. I genitori di questi svolgono o stendono una stuoia nel patio, siedono i due fidanzati coperti con  un panno, coperta o una “lihina”, e convocano tutti i  familiari. Sedendosi  nella stuoia, il portatore inizia a trasmettere integralmente tutto quello che ha sentito dai genitori della fidanzata nel giorno precedente.
           Quando il portatore finisce di parlare, prendono la parola i genitori e altri membri della famiglia del ragazzo. Parlano prima per il figlio e dopo per la nuora. Il discorso non è molto differente di quello che fu pronunciato per i genitori della fidanzata. Dopo, la zia, la nonna o un’altra signora della famiglia del ragazzo ungono i capelli della fidanzata con olio che lei ha utilizzato durante la sua iniziazione.
           Quella unzione ha uno scopo: che lei avrà un buono cuore, e un significato: che, dalla sua iniziazione, lei si è conservata casta e che niente le impedisce d’essere madre.
           Finendo questo atto, sono sposati. Marito e Moglie. Lasciano la stuoia e vanno per la loro casa.

d)       Kutenga matsikwa oppure Mahwika – Nuova fiamma

           Normalmente questo atto avviene tre o quattro giorno dopo il matrimonio. Con questa cerimonia, gli sposati di recente possono praticamente vivere da sé ; passano ad avere le refezione  dai genitori del marito, comunque, prima di questo giorno, la coppia dipendeva dalla  casa dei genitori del fidanzato.
           Questa cerimonia ha come scopi:
- comprovare da parte dei genitori del fidanzato e familiari, della perizia culinaria della fidanzata,
- emancipazione della coppia che va a costituire una nuova casa,
- responsabilizzare la fidanzata  di vegliare per l’alimentazione del marito, in modo di non lasciarlo rimanere digiuno.

           Per la preparazione della “Matsikwa” oppure “Mahwika”, gli alimenti che vanno utilizzati vengono dalla casa dei genitori della fidanzata. Questi alimenti variano di famiglia in famiglia. Le famiglie con maggiori possibilità , normalmente, uccidono un maiale o una capra o bue. Quelli con meno capacità uccidono un gallo o una gallina. I membri della famiglia prendono la refezione insieme nel recinto , che chiamiamo “Ndzango”.
           Ma come una donna di casa cosciente delle sue responsabilità sa che il suo marito non sempre può venire con la pancia piena  dopo avere mangiato nel “Ndzango”, lascia a lui in casa una piccola riserva di cibo per completare la refezione. Questa riserva tiene la designazione di “Kambendekela” oppure “Kakwata vulo”.


1.1.5. Mayumbu – Banchetto reciproco

           Alcuni giorni dopo di queste cerimonie di matrimonio, ne segue un’altra che consiste nella preparazione d’una refezione di diversi piatti tipici, che sonno portati ai familiari della fidanzata per il banchetto in onore dell’unione coniugale e dei figli.
            Passati alcuni giorni, i genitori della fidanzata ricambiano il banchetto alla famiglia del fidanzato. Con questo atto, termina la celebrazione del matrimonio nella cultura ganghella.[3]


1.2.               Il Matrimonio Tradizionale Ganghella
       ( Altra Modalità )

           Fra i Ganghelle, il matrimonio è sacro e ha molto valore nella stessa società. La sua importanza è troppo grande e stanno a loro associati serie responsabilità. Da qui  la reazione di essere  preparato con premura per gli anziani , i genitori e parenti vicini di quelli che vanno a fare il contratto di matrimonio.
           Oltre il tipo di matrimonio contratto per i giovani adulti, esiste un’altra modalità di quello matrimonio:  giovanette o adolescenti, o meglio quelli che non hanno l’età di sposarsi. Per questo, in tutte le tappe che precedono la celebrazione del matrimonio, i personaggi attuanti sono i  genitori oppure altri familiari.
           Le tappe preparatorie constano dei seguenti passi: “Kuhandekeya” e “Kuzikila”.


            Kuhandekeya – Pretesa o Sollecitazione

           Ha una importanza speciale nella costituzione della famiglia tra i Ganghelli, la sua preparazione esige molta responsabilità, come abbiamo detto, da parte dei genitori, dei familiari e della coppia che farà il contratto del matrimonio.
           Per questo, esistono genitori, che si preoccupano immensamente per la costituzione  della futura dimora dei suoi figli.
           Cosi, prima che i figli  abbiano l’età propria per il contratto matrimoniale, i genitori o altri membri della famiglia del ragazzo cercano tra le famiglie conosciute , una bimba che può essere sposa del suo figlio. Localizzata la famiglia dove verrà la bimba considerata come ideale, e fatte tutte le diligenze necessarie, il padre o altro membro indicato della famiglia va a casa dei genitori della bambina  a sollecitare la mano della futura sposa bambina del suo figlio.
           Qui il procedimento non è troppo diverso dalla prima modalità.
           Il si o no dei genitori della bimba non è immediatamente ottenuto. Dicono di ritornare  per ricevere la risposta in altra occasione.
           Nel frattempo, i genitori della piccola ragazza si riuniscono con i  familiari al fine di fare conoscere il caso, in questi termini:
- Il Signore Tizio è venuto da noi per sollecitare la mano della nostra figlia per essere futura sposa del suo figlio. Come è costume dirsi, il figlio o la figlia è soltanto dei genitori fino a quando sta nel grembo, ma, una volta nati, sono appartenenza di tutta la famiglia. E’, per questo, che vi chiamiamo per  pronunciarvi a questo proposito.
           I familiari prendono la parola:
- Voi conoscete bene quella famiglia?
- Se non è ben conosciuta, meglio sarà prima fare la ricerca, attraverso persone conosciute e
amici, per raccogliere informazioni sopra lei, al meno fino ai suoi trisavoli. Se sarà buona
gente, si accetta. Se no si nega.
           Da quel momento, tutti si danno da fare per cogliere informazioni su quella famiglia.
           Avanti le informazioni , in uno giorno stabilito, i genitori del ragazzo ritornano per sapere la risposta che hanno chiesto.
           Se il pretendente  ha soltanto da 8 o 10 anni, i genitori, zii e altri parenti scelgono una bimba di 5 anni come futura sposa del suo figlio.
           Questa scelta avviene attraverso la conoscenza e il rapporto amichevole e esistente tra i genitori  dei fidanzati. Sono anche indicatori di scelta, la buona condotta, l’educazione e il nome sociale dei familiari della bimba.
           Una volta trovata la bambina, i genitori del bimbo fanno un contratto specialissimo con i genitori di lei e, quando arrivano a un accordo , consegnano il chiamato testimone.
                

1.2.2. Kuzikila – Frenare o Impedire

           Ottenuta la risposta in positivo, si consegna ai genitori della bimba, per parte del ragazzo bimbo, di un’ oggetto: braccialetto, spillo, zappa oppure un’altra cosa, come una gallina  o un valore corrispondente.
           Dopo l’accettazione, i genitori del ragazzo e la bimba continuano a crescere e, man meno che vanno crescendo, i rapporti di amicizia  tra le due famiglie si vanno  fortificando cada e i futuri coniugi si rendano conto che un giorno saranno sposati.
           Questa nozione è trasmessa per i genitori che dicono a loro: “Ecco la tua compagna, ecco il tuo compagno, noi abbiamo dato il nostro compromesso”, ecc.
           Tutti i mezzi, sono orientati per non spezzare questo compromesso. Quanto attingono la maturità, sono istruiti nel rispetto, nel buono comportamento per  i genitori e il resto della famiglia, sia dalla fidanzata sia del fidanzato.
           E a partire di questo momento, il ragazzo inizia a creare le  condizioni per il matrimonio: costruzione della casa, preparazione del lavoro e di tutti oggetti domestici con lo scopo che la sua sposa si senta libera nella casa. E a sua volta, la bambina va ricevendo dai genitori, zie, nonni e sorelle ( cugine ) istruzioni necessari per diventare una buona donna di casa.
           Normalmente, la differenza dell’età tra loro va da sei a otto anni. Quando la bimba raggiunge otto o dieci anni, il padre del ragazzo portano lei per la sua casa. Vive con loro, ma non dorme con il ragazzo bimbo. Passera a vivere con il ragazzo, a partire dai quattordici anni. Quando avrà la sua prima mestruazione, i genitori del ragazzo portano lei di nuovo nella casa dei suoi genitori per  realizzare le cerimonie d’iniziazione della ragazza, che si chiama “Vuso”.
      

1.2.3. Ndyweva e intsingi

           “Ndyweva” è una specie di tunica preparata con scorza di un albero. Serve per il vestiario della ragazza durante la fase dell’iniziazione.
           “Intsingi” è una capanna che si costruisce per la ragazza che deve rimanere li, durante il periodo dell’iniziazione.
           Ritornata nella casa paterna, i genitori chiedono chi costruirà la capanna e preparerà “Ndyweva”. Infatti,  “Ndyweva” è ciò con cui si cinge la fidanzata durante la festa dell’iniziazione, ha un significato importante, dunque se il ragazzo piace alla ragazza e lo accetta come suo marito, lei dice subito ai genitori per  chiamino lui, e danno al ragazzo la responsabilità di costruire la capanna e confezionare la tunica. Se  lei non indica un altro ragazzo  per assumere questa responsabilità e che sarà il futuro marito. Pertanto, queste è il suo momento quello di pronunciarsi sul il suo matrimonio, dunque già ha raggiunto la maturità e già non sono i genitori che parlino per lei.
           Durante l’iniziazione, i familiari della fidanzata  partecipano a tutte le cerimonie e servizi, come ad esempio: prendere legna, macinare miglio ( diversa qualità, come il mais, il panico, il granturco ), aggiungere batucchi ( batucco, danza dei africani ) per danzare il batucco per l’ultimo giorno della festa.
           Terminato il tempo giudicato necessario per la realizzazione del “Vuto”, cioè, dell’iniziazione, si realizza una festa grande, con danze, cioè festa danzante con cibo e bevanda.


1.2.4. Vyonda – Dote

        “Vyonda” sono gli animali e il corredo o denaro che i genitori della ragazza chiedono al ragazzo pretendente che servono  come segno di consegna totale della ragazza. Questo segno implica anche il uso esclusivo del debito matrimoniale. Terminata la festa dell’iniziazione  e passati alcuni giorni, i genitori del ragazzo vano incontro ai genitori della ragazza per sapere quanto  desiderano come dote della loro figlia. Ottenuta la risposta, è indicato alcuni della famiglia oppure una altra persona idonea come portatore o emissario per procedere la consegna della dote. Questo è consegnato nelle mani della figlia che, a sua volta, lo dà ai genitori.
           Se la bimba ancora non è stata iniziata, la dote è data in due prestazioni:

- un animale, capra o maiale, prima dell’iniziazione,
- il corredo, generalmente, dopo l’iniziazione.
     
           Per ultimo, i genitori della fidanzata sollecitano:

- “Ingonga” oppure “Likambu” che simbolizza il panno che è servito come “porta-bimbo” della madre,
- “Mwiva” che simbolizza la cintura che la madre ha usato per proteggere il ventre dopo il parto,
- “Tyikovelo” che è una blusa che sostituirà quella che la madre ha usato nel periodo della fanciullezza della fidanzata.

           alcuni genitori concludono la dote dopo la nascita dal primo nipote. Altri la annullano, accontentandosi della nascita del nipote.


1.2.5. Vusombo – Matrimonio

           In questa seconda modalità, il matrimonio propriamente detto non è diverso dal primo. Tutti i passi costituenti di questa fase della vita familiare sono identiche ai matrimoni degli adulti.
           Questo matrimonio è accompagnato da vicino per i più vecchi di ambi parti che, al minimo segno di discordia  tra la coppia,  intervengono immediatamente per impedire la separazione , e questo procedimento è continuo fino alla maturità dei coniugi e la capacità di risolvere costruttivamente qualunque tipo dei problemi che per ventura  vengono a sorgere tra loro. La coppia rimane libero e guadagna esperienza al fianco dei vecchi.
           E’ da notare che, in alcune zone, questa modalità è sparita.

           Il nostro Tema mi porta a sviluppare tutto ciò che sta  attorno al matrimonio, come  sviluppo della coppia, rapporto tra la coppia, la funzione del marito, della moglie, rapporto con la famiglia, proprietà dei bene, eredità dei bene, amministrazione della casa…
Adesso svilupperemo i problemi della coppia dentro il matrimonio:
     

1.3. Problemi Che Affettano Il Matrimonio

           I problemi della coppia sonno diversi. Esamineremo  soltanto alcuni che rompono le fasi d’un matrimonio. Il matrimonio fatto in fretta, senza il consenso dei più vecchi o più grandi, può originare seri e grossi problemi.


1.3.1.           La Sterilità

           Questo è uno dei problemi più grossi per la coppia,  uno dei  più importanti ai fini della procreazione. Per risolvere questo problema esistono tre vie:
a) la donna o l’uomo è sottomesso a un trattamento, oppure la coppia, riceve trattamento fino al punto di avere un figlio o una figlia,
b) quando la sterilità riguarda solo la donna, il marito ricerca o chiede ai genitori e altri familiari per cercare un’ altra donna. Se lui non vuole abbandonare la prima, diventa poligamo; se non vuole diventare poligamo, lascia la prima;
c) quando è l’uomo che è impotente, il caso è più grave: la moglie abbandona il marito e cerca un altro compagno.


1.3.2. La Pigrizia

           La pigrizia è uno dei problemi grossi nella coppia, che impedisce il suo sviluppo sociale e economico.
a) quando la donna è pigra, impedisce tutti i progetti del marito e lo sviluppo della casa. Essendo la pigrizia  la madre di tutti i vizi, il marito abbandona la moglie e cerca un’altra. Questo succede anche se la coppia ha figli,
b) quando il marito è pigro, la situazione diventa drammatica dentro la coppia. Generalmente, il marito è la fonte di tutta l’energia: pianifica, orienta, è il lavoratore numero uno nella casa. Allora se è pigro,  la moglie perde il prestigio, in questo caso, lei informa i genitori o altri familiari. Anche questo può portare al divorzio. La moglie può abbandonare il marito, dicendo che lui non serve per niente. Questo succede quando hanno figli.


1.3.3. La Stregoneria

           La stregoneria può essere ereditata, o non, per il marito oppure per la moglie:

a) Quando il marito o la moglie sono affidati dalla stregoneria, generalmente, può succedere che ci siano morti repentine di altri membri della famiglia della coppia oppure uno dei figli. E, siccome ciò non si può tenere segreto per tutta la vita, normalmente sono scoperti, la coppia allora inizia ad avere problemi, perché quello che  non sta dentro o intorno dalla stregoneria inizia a perdere fiducia nell’ altro, e per paura di perdere la vita o uno dei figli, divorzia.
b) Quando il vizio della stregoneria è errato, i problemi sorgono perché la coppia non ha consultato i più grande che conoscono l’ascendenza dei medesimi.
c) Nel regime ganghella, è raro che un uomo o una donna si sposa con familiari che praticano la stregoneria.


1.3.4.           Rubare

           L’azione di rubare, costituisce un problema per la coppia. E’ un costume che può essere ereditario. Ma può sorgere quando i bambini non sono bene educati o socializzati.
           Se uno dei coniugi è ladro, il fatto da origine a problemi continui tra marito e moglie, tra i vicini oppure tra  familiari della coppia.
           Inizialmente il difetto è combattuto,  con i consigli dei più grandi, genitori, suoceri, zii e zie, ecc. Se il problema  è senza soluzione, si arriva al divorzio, con o senza figli.


1.3.5. Malattia

           Questo problema riguarda non solo la coppia ma tutta la famiglia. Le malattie sono diverse: le più comuni, che possono essere curate a casa, e le più complesse, che esigono l’intervento di un ciarlatano o medico empirico, oppure “Tyimbanda” o “Kimbanda”. Nella cultura ganguella, quando esistono casi di malattie  più difficili, si fa la ricerca della causa.
           I familiari cercano di trovare l’agente della malattia, per fare il trattamento della malattia. La coppia non si ferma,  spende le ricchezze o quel poco che  tiene per salvare il figlio, il marito o la madre malata…
           Si fa la consulta ai “Kimbandi”. Questi curano il malato. Quando non è possibile, consigliano di consultare un indovino per scoprire la causa e l’essenza della malattia. La famiglia si disfa dei beni  per pagare l’indovino. Dopo, torna di nuovo al “Tyimbanda” , se l’indovino indicare loro il trattamento farà conveniente.
           Alcune volte , il ciarlatano guarisce il malato, altre volte, non. Quando non è possibile guarire, sorge il divorzio, tutto questo costituisce un fenomeno naturale.

1.3.6. Kumbila Kutyi – L’Aborto

           Nella cultura ganghella, l’ aborto è soltanto un fenomeno naturale, cioè, non è provocato. Sottolineiamo le tappe che si fanno quando succede un’aborto:
-  La moglie incita ,  che sente i dolori che precedono il parto, lascia la casa, e rimane fuori, al fianco o nel patio, dove è assistita. Nel caso da la luce un bimbo(a), rimane de auguri .
-  Caso contrario rimane in quello posto. L’uomo fa una piccola tenda e cerca legno per fare una piccola fiammata dove la moglie è accompagnata dal proprio marito e altri familiari. Si sotterra il feto  e la madre viene esentate de tutti i doveri o attività domestiche: non macina, non cucina, non entra nella sua casa, tiene una dieta alimentare rigorosa, non prende  oggetti della sua casa, non passeggia. Soltanto può andare al fiume a bagnarsi. Non può fare il fuoco, per non stancarsi il sangue che scorre della partoriente, e come il bimbo è morto, si dice culturalmente che lei sta “in ceneri”, “a li mu muto”. Il marito, o una persona vecchia indicata, esempio, la madre del marito, la zia, o la sorella cucina in quelli giorni. Gli oggetti della cucina o di preparare il cibo della moglie partoriente, durante questi giorni nessuno lo può usare.
-  La persona indicata di fare il cibo, non può aver rapporto sessuale durante il tempo che decorre il obito del aborto, anche la moglie che ha abortito.
-  Questi cerimonie, durano fino al giorno che la donna più grande , osserva che l’emorragia è finita. Ancora si chiama una ciarlatana che dà istruzione e rimedio per fare il primo cibo  dà dare a mangiare al marito e ai figli. A partire de questo momento, può entrare in casa sua e fare tutto, come abitualmente.


1.3.7. La morte di un bimbo

           Quando un bimbo(a) muore, il dolore è  generale, soprattutto per i genitori. Dice il detto: “Matumbo a nkolo, Koatunda azima, ko aya ali tumbulwila”, cioè: “I vecchi spariscono e i nuovi che succedono loro che perpetuano la generazione”
           Dopo la morte del bimbo, viene un tempo determinato per sotterrarlo. Sotterra è semplice. Dopo di ciò ciascuna persona va nella sua casa.
           Se è il primo bambino(a) della coppia che muore, non ha pagamento, che si chiama
“Livoko na Mukela”. Soltanto nella morte degli altri bimbi  i genitori della moglie chiedono il  pagamento. Questo pagamento consiste nel dare un valore che corrisponde alla metà del corpo del bimbo che è morto, si deve dare alla madre e ai suoi familiari. La quantità non è superiore a una capra, a un maiale o a una pecora.
           Se il bimbo vive con i familiari della moglie e là muore, è il marito e suoi familiari che devono chiedere il pagamento.
           Il medesimo procedimento si verifica nella morte d’un figlio adulto. Se il figlio adulto vive con la famiglia della moglie, quando muore, il padre di questo chiede  il pagamento agli zii del morto e reciprocamente.



1.3.8. La morte di un uomo

           Quando muore un uomo si svolgono diversi funzioni:

- La veglia si realizza in casa e nel patio. Nella notte, le donne e i bambini si ritirano dalla veglia e vanno nelle case vicine perché, nel patio della casa del defunto, gli uomini iniziano a cantare i cantici  del “Vamba”, oppure, “Circoncisione”. Subito dopo, appaiono i “Zindumbu”, strumenti  di suoni acuti e stridenti a fiato, che normalmente si usano soltanto nella morte di un uomo e nelle cerimonie dell’integrazione della fanciullezza o dei ragazzini nella società adulta. Questa cerimonia continua durante tutta la notte. Nella mattinata, nascondono gli  strumenti e la casa di nuovo  diventa piena di uomini e donne. Quando arriva l’ora del funerale , si preparano gli uomini,- che si chiamino “Tungandzi e Zindumbu”- che conducono il cadavere al cimitero.
- Arrivati al “Vihilo”, cioè il cimitero, accendono i lumi, uccidono una gallina, bastonandole con il legno della barella dove trasportano il cadavere, e arrostiscono , mentre gli “minguli”,  uomini che hanno portato il cadavere, i cavano la sepoltura.
- Una volta pronto il sepolcro, gli stessi uomini prendono il corpo e sotterrano, mentre gli “Zindumbu” toccano  e gli “Tungandzi” soltanto assistono.
- Dopo avere sotterrato il morto, i “Mungili”, mangiano la gallina arrostita. Al ritornando  al villaggio , passano attraverso il fiume, bagnandosi e pulendo le zappe. Una volta in casa, trovano altre galline pronte per essere bastonate nel treppiede, “Mahwila”, arrostite  e mangiate soltanto dai “Minguli”. Questo succede nel patio, in assenza di donne e  bambini.
- Dopo la ritirata dei “Minguli”, le donne, i bambini e tutta la folla ritornano nel patio del defunto e continuano le cerimonie.
- Nella seconda notte, gli uomini tornano a cantare e i “Zindumbu” a toccare, come nella notte precedente . Nella mattinata, si avvisa la folla  che in quei medesimo giorno si farà la refezione della chiusura del obito, oppure, “lililo”.
- Per questa refezione si uccide un animale, o una gallina o altro fino al bue, secondo le possibilità economiche del defunto o degli suoi familiari.

1.3.9. Impotenza dell’uomo e la Sterilità della donna

           Quando un uomo è impotente sia per natura sia per malattia, è sottomesso a diversi trattamenti. Se non si vedono gli effetti, malgrado le cure, non morirà solitario, come si può supporre. I più grandi preparano una ragazza tra le cugine  o nipoti  con chi si sposa. Questa ragazza o donna è preparata psicologicamente e non rivelerà il segreto a nessuno, fino alla morte dell’uomo oppure alla sua stessa morte. La medesima famiglia, in modo, consegna un ragazzo, fratello o cugino del primo uomo impotente, che darà la gravidanza alla ragazza, che l’infelice o disgraziato abbia figli. Questo ragazzo, con il riconoscimento  dell’infelice, ha rapporti sessuali con la ragazza e dà la gravidanza,  vive nell’anonimato, e mai potrà reclamare o mormorare pubblicamente i figli. La donna con i figli del marito “ombra”, è sposata normale perché gia ha figli. Questi figli chiamano padre il marito della madre. Ai figli è rivelato il segreto soltanto dopo la morte del padre adottivo. In alcuni casi, niente si dice per evitare mancanza di rispetto durante la vita dell’infelice e nel giorno del suo funerale.
           Esistono casi in cui la ragazza sceglie il ragazzo che lei desidera che sia il vero padre dei suoi figli, ma con la conoscenza del vero marito.
           Si qu ‘alcuno rivela il segreto, è punito con la morte per velenosità , anche la   ragazza se parla delle sue vicende private, anche il ragazzo, anche il marito “ombra”. Di lì, lo zelo di custodire il segreto.
           Se la donna è sterile, nella  maggiora parte dei casi il matrimonio finirà in divorzio. Se la moglie è della stessa famiglia, il ragazzo consegna una seconda donna, pone in sua casa per fare la volontà d’essere padre.
           Se la coppia sta bene, ma la donna non concepisce , si unisce con un altro uomo. Ma in questo caso, se qualcuno lo scope,  questo corre il rischio di perdere i figli e anche di tenere figli, è guardato come viene qualcuno che promuove disordini, deve pagare grosse somme  per mancanza di rispetto al marito della signora. Il marito rimane con la moglie, con i figli e la multa, perché “yendi wakovela mu ndyivo yange” oppure “y’ove wakovela mu ndyivo ya muk’eni, y’ove wenda”, vuole dire: “Sei tu che sei entrato nella casa dell’altro”.


1.3.10. Kusaka Visako - Trattamento Speciale del Consorzio del Coniuge

           “Kusaka Visako” consiste nel realizzare un rapporto sessuale con il coniuge vedovo(a), nel giorno che si sotterra l ‘altro coniuge. La famiglia invita qualcuno per realizzare questo atto, con lo scopo di fare sparire  al coniuge lo spirito del morto(a).[4]


2. Il mondo  Degli Spiriti

           Come notate nella tabella, tra i testi di documenti, questo è quello più sviluppato e chiaro. Comunque sotto l’Essere Supremo ci sono gli spiriti buoni che portano fortuna aiutando gli esseri umani e cattivi che causano danno, facendo male alle persone, questi spiriti non sono dei, per analogia non abbiamo angeli buoni e cattivi.
           Inculturazione e Stregoneria, S.E.R. Monsignor Isidore de Souza, Arcivescovo di Cotonou (Benin):  “La grande vitalità delle Chiese africane è motivo di gioia e di ringraziamento. Ci sono comunque segnali preoccupanti: passaggio alle sette quando non si tratta di fondazione di sette, ritorno e ricorso a pratiche ancestrali senza discernimento durante i periodi di crisi. L’evangelizzazione quindi non è riuscita a farci scoprire veramente l’identità dell’essere cristiano, né, di conseguenza, a raggiungere il livello di profondità che è l’inculturazione autenticamente antropologica. Vengono svolti tre punti:

-  Inculturazione: si parte dalla sfida antropologica più grave costituita dalla stregoneria e dalla mentalità stregonesca per definirla concretamente in riferimento ai misteri della creazione e della redenzione. Nessuna inculturazione potrebbe essere una pratica assunzione di valori culturali.
-  Stregoneria: in attesa che le teologie africane della redenzione la prendano
veramente in considerazione, essa viene presentata come l’espressione del
peccato originale e vengono proposte due strategie complementari per
dominarla: vita di fede intensa e conoscenza e utilizzazione consapevole
della medicina africana tradizionale. Sono state fatte delle proposte.
-  Giustizia e pace: il processo democratico in Africa richiede un impegno concreto della Chiesa nell’educazione ai diritti e doveri dell’uomo, tenuto conto delle strutture di società ereditate dagli avi secondo la loro visione antropologica che continua a determinare le reazioni sul lavoro, nell’economia, nella società, nella politica.[5]


2.1. Religione Tradizionale ganghella

           Il  popolo ganghella è d’origine Bantu e profondamente religioso. Ma le sue manifestazione del fenomeno religioso tradizionale tendono, ogni volta di più, a sparire con la venuta del fenomeno religioso cristiano.
           Il popolo Ganguella sa, se che esiste un Creatore, Signore di tutte le cose. Nella sua vita si sente inferiore, insicuro nella ricerca della felicità, della salute e della fortuna terrestre. E’ convinto che ha, un qualche luogo, una fonte del bene. Questa convinzione lo muove a credere nell’ esistenza di un essere superiore e a cercare di entrare in contatto con Lui.
           Tradizionalmente e culturalmente il popolo ganghella sa che Dio esiste, il “Kalunga”, creatore di tutto che ciò esiste, il sommo bene, onnisciente e onnipotente, e lo invoca in multe circostanze della vita. Un caso concreto è questo: in tutte le cerimonie del culto tradizionale ganguella, la persona indicata per dirigere, prima invoca Dio. Dici: “Kalunga ketu, neni vakulo vetu…” – Nostro Dio e vuoi, nostri antenati, sede misericordiosi. “Kalunga ketu, neni vakulu vetu tyileni ko mema hantsi”.
           Invoca Dio, “Kalunga”, attraverso i suoi antenati, che sono difensori , intercessori, angeli della custodia e con la sapidità delle intenzioni di Dio al rispetto del popolo. Mentre, non invocano tutti gli antenati, visto che, sanno che esistono i buoni e i cattivi. Invocano quelli che,durante la sua vita terrena, hanno praticato opere buone e diretto buoni reni, sono stati buoni cacciatori e esemplari membri delle comunità.
           Erige, per la venerazione degli antenati piccole altari denominati “Vimbindyalongo”, nelle entrate delle residenze, dove va a pregare davanti a una manifestazione di qualsiasi fatto malefico per se stesso o per la sua famiglia. Ma, se il male non passa, andrà immediatamente a consultare gli specialisti nella comunicazione degli spiriti degli antenati, gli indovini o “Vakwa Kutaha”, che sono portatori di poteri di indovinare. L’oggetto materiale ha la capacità di comunicare e stare in sintonia con gli spiriti degli antenati che andranno a denunciare l’origine del male e il necessario per la sua guarigione.
           Esistono varie manifestazioni religiose tradizionali come la “Mahamba”, “Tundundu”, “Vukongo” e “Kulila Kalunga”, ecc. che si usano, principalmente quando ci sono calamità naturali    (mancanza di pioggia, uragani, api, caccia, …).  
             I Ganghelli credono nella vita dopo tumulo, dove ci sarà un posto accogliente per anima, “Mwono”. Questo è sottolineato in questo canto:



Waya mwilu watunga
Likele kavuvi
Mbumba ya Nyama

E’ andato al cielo abitare
Lascia te ò ragno
Mbumba, figlio di Nyama



           Lo spirito maligno è denominato “Mukulu wa Kavole”. E’ uno Spirito senza amore, vendicabile, provocatore del male nella comunità, ecc. Sono tutti antenati che qua giù , hanno avuto una peggiore condotta, comportamento cattivo, oppure le loro azioni sono state peggio o hanno agito male  nella comunità.
           Qualsiasi generazione ha i suoi santi, o meglio, antenati considerati Buoni che saranno i suoi difensori e intercessori giunto da Dio, “Kalunga”.


2.2. Il Culto della Religione Tradizionale Ganguella

           Il ganghella tradizionale pratica il culto, secondo la sua credenza, Questo culto non è sistematico ma circostanziale, cioè, non ha un culto ogni giorno e programmato a un Dio ufficializzato.
           Il culto tradizionale è occasionale per determinati accadimenti: nel tempo alla malattia, mancanza di stare bene se stesso, la famiglia o il popolo (esempio per chiedere la pioggia), per ringraziare la fortuna di ottenere alcuni beni, ecc.


a)       Culto agli Antenati

           Il Ganghella considera la morte di una persona come un fenomeno straordinario. Considera la persona morta come ciascuno che è uscito da questo mondo per l’altro e, per questo, con potere giunto di persone vive, come ciascuno che cammina vicino dei sopra viventi che portano il bene-stare che desiderano o il castigo, come una malattia subita o l’infelicità. Il ganguella tradizionale pratica il suo culto ai antenati senza, nel frattempo, ignorare il posto di distacchi che Dio, “Kalunga”,  occupa nella sua cultura.
           La religione è praticata soprattutto per mezzo di culti agli antenati. Non esiste un culto specifico per Dio.
           Il ganghella pensa, in generale, che l’ antenato che ha vissuto nella terra praticando il bene alla famiglia e alla società  merita  un culto specifico. E’ il caso di certi mweni  (mwene, il capo di tribù o la massima autorità), chi si distaccarono nella pratica del bene durante i suoi regni, di grandi cacciatori, apicoltori, agricoltori, ecc.
           Il culto tradizionale degli antenati non è programmato , ma esistono culti annuali, come il culto di “Kulisengula”, o l’inaugurazione dei nuovi prodotti delle campagne.

           Le cerimonie che sono dirette agli antenati possono essere, o non, accompagnati da offerte: di sacrifici d’animali, di generi alimentari, oppure generi commestibili. Le offerte dipendono dal culto che si realizza.


b)       Chi Dirigi Il Culto?
        
           Una volta che nel culto ganghella esiste una molteplicità di cerimonie, il culto è realizzato da persone indicate come gli indovini, o i più anziani della famiglia,  i ciarlatani o medici empirici o i mweni. Così, ecco le persone indicate:
           Per chiedere la pioggia, il “mwene” ma i più anziani della regione e fino alla folla che partecipa.
           Per chiedere salute, può essere qualsiasi componente della famiglia, ma soprattutto i più anziani.
           Per chiedere fortuna nella caccia, è uno di anziani più grande, un aggiunto diretto del soba, o un cacciatore.
           Per l’inaugurazione dei cibi nuovi delle campagne è il soba, se fu al livello del villaggio. Ma al livello della famiglia, è l’anziani più grande della famiglia. Questo culto si chiama “Kulisengula”.
           Le offerte normali in qualunque cerimonia sono gli animali (capri, bui, galline), generi alimentari o verdure.


c)       Indovini

           Esistono uomini e donne che , servendosi di certi conoscimenti magici, pretendono di prevedere il futuro o il passato o meglio,  che pretendono di riuscire a svelare il futuro o il passato in virtù di un rapporto speciale con il mondo soprannaturale. 
           Nel caso della malattia, di mancanza della pioggia, uragani, disastri, difficoltà economica, di morte, ecc., Le persone vanno dall’ indovino, per scoprire la causa. Con eccezione di casi di morte, glii indovini, quando sono sollecitati , nominano normalmente i famigliari morti, dando a capire che questi si lamentano di mancanza di considerazione da parte di familiari che non fanno sacrifici in suo onore. Subito dopo, nominano le cerimonie per fare la contropartita. Da qui  i culti agli antenati, con tutto ciò pensano che questi  possono portare il bene come provocare il male.[6]


d)       Il culto: vari cerimonie

           Il culto della religione tradizionale ganghella tiene diversi cerimonie, conforme i casi:
          
“Mahamba
Cerimonia generalmente realizzata per le donne, che puliscono i denti con medicine, per sparire gli spiriti maligni che portano…
“Vukongo”
Cerimonia dei cacciatori.
“Kulila Kalunga”
Cerimonia per chiedere la pioggia
“Kulisengula”
Cerimonia per inaugurare i  prodotti della campagna
“Imbulungu”
Cerimonia che consiste nell’ invocare gli antenati e include l’imposizione di farina di miglio nelle faccia dei partecipanti
“Kulihwika mukulu”
 “Togliere il lutto”, uno anno dopo la morte di qualcuno
“Kulisengula Vutyi”
Cerimonia per chiedere il miele
“Kulikutila imbuto”
Cerimonia per chiedere il miglio
“Thya Vavahya”
Cerimonia del fuoco nuovo



Conclusione

Sappiamo che l’inculturazione riguarda tutta la vita della Chiesa e tutto il processo di evangelizzazione. Comprende la teologia, la liturgia, la venerazione degli antenati, la salute, la malattia e la guarigione con i metodi tradizionali, il matrimonio, la vedovanza, vita e struttura della Chiesa.
“Noi non ci siamo mossi di un centimetro. Ho preparato il rituale di una messa  e l’ho fatto circolare tra i miei preti, perché lo leggessero e mi presentassero delle critiche. La maggioranza non ha capito niente. Alcuni hanno detto che «dobbiamo essere fedeli a Roma». Solo quattro hanno ritenuto che valesse la pena tentare.
           Ripeto che l’inculturazione non riguarda solo l’ambito liturgico. C’è già stata in passato una chiesa africana con sant’Agostino , san Cipriano e altri.
           Gli scritti di sant’Agostino erano diversi da quelli di san Tommaso. La teologia orientale è differente da quella occidentale, anche nell’ambito della chiesa cattolica.
           La teologia si sforza di rendere comprensibile la fede. Allora perché non posso rendere comprensibile nella mentalità africana gli elementi essenziali della fede? Molti non capiscono ancora questo.
           Alcuni pensano che sia  sufficiente introdurre il tamburo in chiesa, confezionare paramenti liturgici con materiale locale e indossare stole con simboli africani. Siamo ancora a cose esteriori. L’inculturazione deve permeare la morale, la mentalità, tutta la vita”.[7]

           Non si può parlare di religiosità africana, senza parlare dell’attaccamento agli antenati, non si può parlare dell’inculturazione, senza parlare dell’attaccamento agli antenati e di religiosità africana, negli ambiti della liturgia, matrimonio, famiglia, riti d’iniziazione , morte…Ha un rapporto tra i antenati e i vivi, comunque manca una ricerca seria, e per  sapere che cosa esiste infatti, si deve trovare una spiegazione teologica. Interessante nel Lineamenta, non si trova una sola parola che parla degli antenati. Il mistero della vita e della morte “in africa è ancora abbastanza diffusa la credenza nell’interdipendenza della vita e della morte, dei vivi e dei defunti, e anche dei vivi e di coloro che devono ancora nascere. Si tratta di un sistema di convinzioni che costituisce la vera base della visione africana del mondo. Il sinodo dovrà affrontare questo problema per vedere se tali credenze non possono essere conciliate con la fede nella comunione dei santi. Il fatto che gli antenati svolgano un ruolo chiave nella religione tradizionale africana rende molto importante la questione. E’ auspicabile che in diverse parti dell’Africa si svolgano ricerche in questo campo, per arrivare eventualmente a un nuovo modo di comprendere la comunione dei santi.
           E’ dunque necessario che sia preso in considerazione il mistero della vita e della morte così come viene vissuto dagli africani, ed è necessario che i riti relativi alla morte e ai funerali siano cristianizzati in modo tale da mettere gli antenati in relazione con la visione cristiana della comunione dei santi”.[8]

          Come si vede, nella tabella tutti i testi che parlono del matrimonio, nel Lineamenta, se suggerisce  l’inculturazione del matrimonio-sacramento  senza offuscare il messaggio della fede e della morale, come per esempio il valore della castità  «Il problema dell’inculturazione, infatti, (…) è quello di far sì che i valori culturali locali non offuschino il massaggio della fede e della morale, così come le prime generazioni hanno saputo accoglierlo nella sua radicalità evangelica. E’ sufficiente ricordare, per esempio, i valori della castità del matrimonio-sacramento, della famiglia cristiana».[9]          
           In virtù degli sforzi di un’inculturazione così concepita, «le nuove chiese particolari, arricchite delle loro tradizioni, avranno il proprio posto nella comunione ecclesiale, restando intatto il primato della cattedra di Pietro, che presiede all’assemblea universale della carità».[10]         
            Questa possibilità  di inculturare il matrimonio cristiano con quello tradizionale africano rimane comunque aperta.  “Ribadiamo con forza l’origine divina dell’insegnamento della chiesa sull’unità e l’insegnamento della chiesa sull’unità e indissolubilità del matrimonio. Notiamo quindi con soddisfazione che la maggior parte delle culture africane affermano idealmente le stesse caratteristiche essenziale del matrimonio.
           Si pone, comunque, il problema di tanti cattolici che sono stati esclusi dai sacramenti perché hanno contratto il matrimonio in una forma non riconosciuta dalla chiesa.
           Affermando la monogamia come insegnamento cristiano, e rifiutando quindi la poligamia, il sinodo esorta vivamente a trattare con rispetto, giustizia e compassione quanti sono impegnati in unioni poligame. Tutti gli interessati devono essere evangelizzati e aiutati ad avvicinarsi a Cristo.
           Il sinodo raccomanda perciò che le conferenze episcopali creino delle commissioni sul matrimonio in Africa, che comprendano delle coppie sposate. Il loro scopo sarà di studiare tutte le questioni riguardanti il matrimonio dal punto di vista teologico, sacramentale, liturgico e canonico, con particolare riferimento ai problemi culturali”.[11]
           Tutti questi evento, dimostrano che gli interventi dei Padri Sinodali, sono stati fortunati , con la presenza dello Spirito Santo, perché la Chiesa ci insegna che la realtà del matrimonio tra un uomo e una donna è indissolubile, e sta alla base dell’origine della famiglia umana, è un sacramento, anche come una relazione naturale; le persone di qualunque fede e cultura possono sposarsi, perché il matrimonio è un dono di Dio.
           La Catechesi  per il Matrimonio e per la vita Familiare è urgente:  “Vi è la necessità e l’urgenza di preparare il matrimonio e della vita familiare  , per l’aumento di divorzi, per la formazione sessuale data nelle scuole, l’allargamento nell’ uso di contraccettivi e pianificazione familiare, la pratica dell’ aborto e della sterilizzazione della donna, per la negazione della famiglia come istituzione base dell’educazione e cellula della società, per le condizione di lavoro e abitazione che obbligano molti uomini a vivere lontano della sua famiglia per molto tempo. Tutto questo pone in crisi la  struttura tradizionale della famiglia africana come estratto fondamentale del matrimonio.
           Il clan, che è costituito dai discendenti di un unico progenitore, è l’ambiente in cui l’ uomo nasce e vive .
           La proprietà è privata , ma dentro del quadro collettivo della famiglia estesa. La coppia vive aperta alle altre coppie del suo clan. Tutti si interessano per la sorte dei bambini nati nel gruppo del clan, per la stessa educazione si sentono responsabili.
           Il matrimonio è orientato per la trasmissione della vita e il clan ha la missione di proteggere  e sviluppare questa nuova vita. In questa  mentalità sonno onorati la maternità e la paternità.
           Il clan interviene nella scelta del coniuge non perché non danno importanza alla  libertà individuale , ma perché sanno  per esperienza che è difficile per i giovani vedere chiaro le questioni dell’innamoramento  e non si può permettere  che materia troppo importante per l’esistenza felice del uomo e della donna sia assunto privato di quelli che pretendono sposarsi.
           Il clan partecipa in tutto il processo e celebrazione  del matrimonio  di tutti i suoi membri  e vive e suoi problemi familiari, questo è un grande contributo per la sua stabilità.
           La pratica della dote africana vuole dimostrare  la serietà del desiderio del matrimonio e combattere la pratica dell’amore libero. L’educazione sessuale è garantita , sia per i riti d’iniziazione sia per l’informazione ricevuta per uno membro del clan.
           Il rinnovamento conciliare della famiglia cristiana dentro il concetto africano della famiglia estesa sta nella linea  di aumentare il senso della famiglia come comunità aperta agli altri, di rafforzare l’unità e stabilità e facilitare l’esercizio delle funzioni specifiche.
           Da lontano il processo della conversione, era stato concepito come rottura con la cultura africana vista come pagana, senza valutare la tradizione africana. Questa pratica difficoltà  molto il processo dell’inculturazione del messaggio del Vangelo e la comprensione del matrimonio e vita famigliare”.[12]
           E’ vero che il matrimonio tradizionale africano ha il suo valore, ha dei punti positivi, come abbiamo già visto:

- Gli africani vivono in comunità – famiglie allargate, senso acuto della solidarietà e della vita comunitaria, riservano in seno alla famiglia un posto ai genitori e ai parenti anziani.
- La vita è sacra, il senso del sacro.
- L’accoglienza, l’ospitalità e l’amicizia.
- La formazione dei giovani durante il periodo dell’iniziazione.

Ma, anche non dobbiamo dimenticare che vi sono punti  negativi, che nel dialogo con il Vangelo si deve evitare, come per esempio:

- I divorzi, che hanno come causa la sterilità[13], oppure la povertà o la pigrizia o rubare.
- La coabitazione con coniuge vedovo o vedova nel giorno che si sotterra l’altro coniuge, consentita e ufficialmente approvata dalla comunità, anche la coabitazione con partner fuori della coppia.
- La scelta del celibato che è estranea alla mentalità di molti clan africani.
- La poligamia.
- La deficiente pianificazione familiare.
- Più importanza al matrimonio tradizionale, in confronto con i matrimonio-sacramento e quello civile.
- La stregoneria.
- Matrimonio dei bimbi.

Crediamo che è possibile adottare un approccio teologico, liturgico, pastorale e canonico per trovare soluzioni a problemi che nascono dall’ incontro tra il messaggio del Vangelo  e i valori della Religione Tradizionale Africana, fondamentalmente nell’ ambito del matrimonio.



[1] AA.VV, O mundo cultural dos Ganguelas ( Estudos de Antropologia Cultural do Povo Ganguela ) 1.° Tomo, Secretariado de Pastoral da Diocese de Menongue, com a colaboraçao da Delegaçao da Cultura de Menongue, Menongue 2000, pp. 14 - 17
[2] Feticcio fr. Fatiche; sp. Hechizo ( per fechizo ): dal port. Fetiço, che trae dal lat Factitium fattaccio, manufatto, artificiale da Factum fatto, ( cfr. Fittizio ) e che in portoghese ha preso al sostantivo il significato d’incantesimo, di  sortilegio, donde quello di oggetto incantato ( cfr. Fattura ) L’origine da Fada fata indicata da altri è sbagliata. – Idolo grossolano ( animale, pietra, pianta e simili ), che adorano i negri delle coste occidentali dell’Africa e anche dell’interno fino alla Nubia. Nome venuto dal Portogallo, patria di noti e intrepidi viaggiatori. Deriv. Feticismo; Feticista.     
( Dizionario Etimologico ), http://www.etim.it/?term=feticcio,
           Non è vero è falso, è una calunnia, noi non adoriamo animale, pietra, pianta ecc. Noi adoriamo il vero Dio, essere supremo concepito come creatore, ordinatore e conservatore di tutta la realtà.
[3]  AA.VV, O mundo cultural dos Ganguelas ( Estudos de Antropologia Cultural do Povo Ganguela ) 1.° Tomo, Secretariado de Pastoral da Diocese de Menongue, com a colaboraçao da Delegaçao da Cultura de Menongue, Menongue 2000, pp. 118 – 122. Il Ganguella si capisce gruppo etnolinguistico che si trova in Angola, Zambia, Namibia... In questa etnia appartiene  l’allievo di questa tesi.
[4]   Ibidem, pp. 123 – 126.
[5]  S.E.R. Monsignor Isidore de Souza, Arcivescovo di Cotonou (Benin), Inculturazione e Stregoneria ,in: “L’Osservatore Romano”, giovedì 21 aprile 1994, p. 7.
[6] Ibidem, pp. 207 – 229.
[7]  Peter K. Sarpong, Non è solo un fatto liturgico, in: Portando i suoi Doni, p. 23
[8]  Instrumentum laboris, 72, Assemblea speciale per l'Africa, La chiesa in Africa e la sua missione evangelizzatrice verso l'anno 2000 «Sarete miei testimoni» (At 1, 8), Instrumentum laboris
Curato da Sinodo dei vescovi EDB, 1993 p. 57.

[9]  Lineamenta, 53, in: “Regno-doc.”, 1(1991)51.
[10]  Ibidem, 53.
[11]  Proposizioni, 35, in: “Regno-doc.”, 11(1994) 339.
[12] Cfr. Bishop alberto Setele, A catequese para o matrimonio e para a vida familiare, in The african enchiridion, documents and texts of the catholic church in the african word, pp. 897-898.
[13] Pio XI, Enciclica Casti connubii, ( 31 dicembre 1930 ): AAS 71(1930) 539.
    Pio XI, in questa enciclica Casti connubii del 1930, ratifica la distinzione tra fine primario del matrimonio (procreazione ed educazione dei figli ) e il fine secondario ( amore mutuo degli sposi e rimedio alla concupiscenza ). Oggi, molti teologi, cattolici e non, considerano come fine primario l’amore vicendevole – sia quello spirituale che carnale – degli sposi. Di conseguenza, la sterilità, anche se constata, non ha alcuna incidenza sulla permanenza del legame coniugale; di Meinrad Hebga, Portando i suoi Doni, p. 172.